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Dis-Ordine dei Giornalisti

Pensate che il caos di sabato mattina al Circolo della Stampa, durante il corso di formazione obbligatoria per i giornalisti, sia un caos/caso unico?

Non v’illudete. Avellino ha tanti record negativi, è vero, ma sui corsi di formazione per i giornalisti non siamo i peggiori.

Per esempio, a Roma, viene spacciata per corso una specie di introduzione alla presentazione del libro di un vicepresidente vicario dell’europarlamento. Sempre nel Lazio, inoltre, verrà istituito un Credit-day (un condono) per coloro che non siano riusciti a recuperare i crediti annuali. I punti si regaleranno, insomma. Dunque, a che serve la formazione?

I punti si devono collezionare come per le raccolte punti di biscotti e merendine, si parva licet. Si recuperano dove e come si può. Anche facendosi valutare pubblicazioni ad hoc sul giornalismo (come farò io, lo confesso), come previsto dal regolamento.

Per chi non fosse informato sul background, tutti i giornalisti iscritti all’Ordine devono collezionare un tot di punti l’anno, in un triennio di formazione regionale, in parte gratuita, in parte a pagamento (ma dipende dagli Ordini regionali, dal numero degli iscritti, dalla tipologia d’iscritti), a pena di sanzione. La sanzione sarebbe non poter avere incarichi nell’Ordine stesso. Non sono una che tiene ad entrare negli organismi direttivi e poi, da piccola rotella di carro qual sono, non sono funzionale a nessun potere, a nessuna corrente, a nessuna consorteria. Per cui, chissene della formazione.

D’altronde, non tutta la formazione proposta (imposta/consigliata) è di qualità, non tutta è gratuita (pensate ai freelance e ai disoccupati che non possono pagarsela), ovvero non tutta costa poco.

In linea generale, la formazione è una cosa maledettamente seria. Da docente e da sempre, auspico una formazione permanente per l’uomo. La formazione è qualcosa in più e qualcosa di diverso dalla docenza. Innanzitutto, è meno asimmetrica nella trasposizione di contenuti e/o scienza. Formare significa imparare nuove abilità, più che ingurgitare passivamente nozioni. Tutti avrebbero bisogno di formazione, non solo i giornalisti.

Poiché la formazione obbligatoria – come fatta in Italia – è spesso (non sempre, bensì spesso) una barzelletta (una burletta, è scritto nel primo articolo linkato in alto), se non un caos, ovvero una presa per i fondelli, tanto vale abolirla nella maggior parte delle occorrenze, e non solo per i giornalisti. Anche perché pare ci guadagnino solo i docenti. (Nel mio piccolo e-book ho affrontato la questione formazione e J-school all’italiana.)

Come già scritto e letto altrove, ci sono moltissimi giornalisti che avrebbero bisogno di formazione e – se posso calcare la mano – financo di ripetere gli studi accademici, talvolta anche le medie superiori. Tuttavia, sono anche convinta che ‘giornalista è chi il giornalista fa’, nel senso che, al di là dei corsi di formazione, il mestiere ce l’hai se lo pratichi. Più che raccogliere punti in tutti i modi possibili, si raccolgano articoli, reportage e servizi radio-televisivi e chi non produce in un triennio si becca una sorta di sospensione.

Di sicuro non saranno i corsi di formazione a salvare il comparto. Il problema non è nella qualità dei giornalisti, ché quella si prova sul campo (e meno male). Il problema è avere un Ordine che arriglia tutti (sono soldi che entrano nelle casse), anche quelli che scrivono l’oroscopo quotidiano per il gazzettino e che manco a farsi tutti i corsi di formazione in Italia (vista la qualità, in effetti) avrebbero diritto all’iscrizione. In un Ordine serio, voglio dire.

Ma – e diciamocela tutta – in fondo a cosa serve l’Ordine? Che razza di corporazione a difesa è se fare il giornalista è attualmente mestiere tra i più desiderati (ragazzi, ripensateci), tuttavia assai deprezzati, anche per via dell’inflazione di giornalisti. Un freelance prende in media 3 o 4 euro al pezzo, le redazioni spremono i nuovi come limoni e dopo anni di spremitura, non si vede alcuna prospettiva di miglioramento e/o di assunzione. C’è grossa crisi nell’editoria e le cose non andranno meglio.

Il tesserino marrone non riveste di un’autorevolezza maggiore uno scritto pubblicato. È in Italia che funziona così: tessere e titoli per una spasmodica necessità di appartenere a caste e corporazioni (che sanno di stantìo), spessissimo autoreferenziali, fucine di consorterie, incubatrici di poteri informali per il vantaggio di pochi.

Tag(s) : #giornalismo, #Ordine dei Giornalisti, #corsi di formazione, #Il Peggio deve ancora arrivare
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