Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

Le pipe di una volta

(Originale su Orticalab, al link in basso. Nella foto accanto, le pipe più famose ed amate d'Italia.)

Sarebbe banale e fin troppo facile citare il Cutugno nazionale, con quella sua iconografica canzoncina sull’Italia migliore. Eh sì, proprio quella nazional-pop (quasi kitsch) canzone sull’Italiano-spaghetti-al-dente descrive un’Italia certamente migliore di quella attuale. Che vuoi che sia l’autoradio-sempre-nella-mano-destra, ora che si gira per strada con i calzoni sub natiche. Mai nessuna canzone, prima di Pertini e di Cutugno, aveva immortalato il ricordo ed il rimpianto di un Presidente della Repubblica. Ci pensate, un popolo che odia la classe politica, la subisce e la vitupera, la maledice e non se ne libera, ha come eroe un Presidente della Repubblica, manco fossimo in Venezuela, con la buonanima di Chàvez, che Dio l’abbia in gloria, ché al suo Paese se le stanno già dando di santa ragione (derive dei liderismi estremi).

Pertini è stato, senza dubbio alcuno, il Presidente più amato dagli Italiani. Da questa frase, purtroppo, ne derivò pure un claim pubblicitario (sulle cucine) che ci ha perseguitato per anni.

Tempi andati. Bei tempi, nonostante le pubblicità delle cucine. Uno come Pertini, adesso, ce lo sogniamo la notte.

Pertini, il partigiano ligure, membro della Costituente, che si disperò per l’Irpinia ferita a morte nell’Ottanta e che si esaltava durante i Mondiali. Pertini era uno spiccio, decisionista, simpatico, ‘de core’, con quella sua moglie Carla, partigiana anch’ella, giornalista e psicologa, che vestiva un po’ freak e che non voleva abitare al Quirinale. Pertini, il socialista turatiano che pianse durante il Congresso del 1947, quello che sancì la scissione (detta di Palazzo Barberini) del PSIUP, in PSI (per un po’ si chiamò PSU) e PSDI.

Ho rivisto recentemente – su RaiStoria – la cronaca di quella scissione e ho riascoltato un giovane Giuseppe Saragat (anch’egli Presidente della Repubblica dal 1964 al 1971) che rispondeva ad un giornalista, il quale gli aveva chiesto chi sarebbero state le personalità di spicco nel costituendo PSDI: “Nessuna. Per noi, le persone più importanti sono i lavoratori: gli agricoltori, gli operai e gli impiegati.” Che bei tempi.

Ora, si fondano partiti attorno a personaggi che si autoproclamano leader/capipopolo/veltri (pare che pure Michelone Santoro abbia depositato il simbolo di un suo movimento, il Partito Liquido. Pessima scelta come nome), i quali hanno anche l'ardire di porre il loro cognome sui simboli. Inoltre, non ci sono più neanche così tanti lavoratori e gli impiegati (specie quelli delle pubbliche amministrazioni), simbolo di una (pseudo)fortunata classe media, sono diventati il capro espiatorio di ogni degrado economico italiano. (Personalmente, penso che siano la corruzione e l'evasione fiscale le cause della nostra rovina, ma è una mia opinione.)

Tanta è la deformazione 'protagonistica' che – a latere d’indubbie doti filantropiche, artistiche e di onestà – si propongono nomi resi celebri dalla loro fama assolutamente non politica: Milena Gabanelli, Gino Strada, Riccardo Muti, Dario Fo, Carlin Petrini. Non perché non si possa avere come Presidente un grande direttore di Orchestra o un attore/scrittore da Nobel (d'altronde la Cecoslovacchia liberata elesse il poeta Vàclav Havel), una giornalista o un medico, ma è che, per come stiamo combinati, ci attacchiamo all’utopia di un Gran Condottiero che salvi prima noi e poi l’Italia (son due livelli diversi, lo sapete).

Eh, sì, ci vorrebbe un Pertini, uno che sappia cos’è la Libertà e ce la sappia dimostrare fattualmente, oltre che testimoniarla. E poi, diciamocela tutta, quanta ‘gabanellità’ – il rigore e la semplicità che hanno reso famosa l’ottima giornalista piacentina – potrebbe venir fuori dal suo eventuale ruolo presidenziale? Gino Strada è un mio idolo personale (mio figlio dice che io non farò mai carriera se continuo ad indossare felpe e t-shirt di Emergency), ma riuscirà mai a ritirare tutti i nostri contingenti armati dai campi di guerra americani? Forse Dario Fo ha qualche chance in più: confonderebbe i politici parlando loro in grammelot, sai che spasso alle consultazioni.

Tuttavia, nessuno, ma proprio nessuno dei nomi dei politici che circolano in questi giorni (Amato, Prodi, Finocchiaro, Violante, D'Alema, per dirne qualcuno) ha lo spessore di statista (non si parla di carisma, chè quello – essendo una funzione – può anche venir dopo: dipende da come s'interpreta il ruolo cui si è chiamati) e le loro biografie – dicunt – non sono precisamente adamantine. Ecco perché circolano anche molti nomi di giuristi e giudici. In tempi da lupi come i nostri, i magistrati diventano eroi: Caselli, Zagrelbeski, Imposimato, Rodotà, Cassese (ecco, io voterei Cassese, per esempio, il quale ispirò la legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa, e poi è un irpino).

Abbiamo salutato, dunque, Napolitano, il quale, secondo me, è stato un Presidente di troppi compromessi. Innanzitutto è una specie di ossimoro vivente: è un vecchio comunista migliorista, di quelli che oggi si chiamerebbero renziani, ovvero in posizione ovest-nord-ovest rispetto allo zenit-Bersani; è un napoletano con aplomb britannico, specie da catalogare tra i monotremi per rarità. Ha provato a salvare capra&cavoli (ovverosia, la sua riconoscibilità ed una più generale riconoscenza bi-partizan) promulgando certe leggi-schifezza a favore di Mister Trifola e indirizzando moniti pure al Tribunale di Milano affinché lasciassero ‘lavorare’ l’illuminato ed indispensabile statista di Arcore, con un risultato pessimo: il Patonza è ancora qui tra noi, che zompetta qual stambecco sugli istogrammi del gradimento in salita. La migliore capacità di Bella Napoli (come lo sfotteva Dagospia) è stata quella di prenderci diplomaticamente per il naso, prima con il Governo tecnico e poi con i Dieci (inutili) Saggi.

Tuttavia, il più grande merito di Giorgio da Comiziano (“provincia di Nola”, mi fu chiarito), il merito per cui lo ricorderò per sempre (sapete, riesco pure ad imitare l’imitatore, quando dice “con viva e vibbrante soddish-fazione”) è l'aver ispirato uno dei personaggi di maggior successo di Crozza, il Presidente che si confida con i corazzieri.

Il guaio è che siamo diventati fatalisti, avendo capito di non contare una cippa come popolo e come elettorato. Pure le ‘quirinarie’ dei penta-stellari pare siano state una specie di farsa telecomandata, a prescindere dal valore dei nominati.

Ci beccheremo (ma Dio non voglia) il Presidente più ‘inciuciato’ della nostra Storia Repubblicana, oppure il più stronzo, come ebbe a profetare Longanesi rispetto a Gronchi. Mucha suerte, hermanos!

Le pipe di una volta
Le pipe di una volta
Tag(s) : #Presidente della Repubblica, #Pertini, #Saragat, #Napolitano, #Chavez, #Toto Cutugno, #Milena Gabanelli, #Quirinale
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: