Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

Bisaccia. Prima parte

(Originale pubblicato su Ottopagine il 7 settembre 2009.)

Bisaccia è un paese gentile. Nel senso di dolce. Mantiene un’aura di pacatezza, nonostante tutte le polemiche sulla ricostruzione. È addomesticata dal vento che la leviga da millenni.

Bisaccia è un paese molto citato. Anche recentemente, sull’ondata delle polemiche intorno alla ricostruzione aquilana, a Bisaccia si sono presentate le troupes televisive nazionali per registrare ancora una volta le opinioni di chi aveva già vissuto una ricostruzione “senz’anima”. Potenza dei luoghi comuni.

Ma andiamo con ordine.

Bisaccia è tutta affacciata verso la Puglia. Colori, declivi e odori hanno molto poco dell’Irpinia corrugata e verde dei massicci montagnosi che ne costituiscono il cuore.

Bisaccia è oggi la tappa di un altro dei viaggi sociali che il trio “Pierino-Michelangelo-Tonino” organizza nell’ambito delle iniziative a favore dell’invecchiamento attivo. C’è anche da precisare che Pierino è un bisaccese doc e si commuove già solo a sentire il nome del suo paese.

Bisaccia ha una storia lunga ed interessante, raccontataci da Nino, un brillante giovane studioso, dal volto pulito e dagli occhi chiari. Nino è una mitraglia di dati, conoscenze, parole, aneddoti, dettagli e segreti sulla preistoria e sulla storia antica di tanti paesi dell’alta Irpinia.

La prima tappa storica inizia al Castello ducale. Un massiccio pieno di storia che ha cambiato uso nei secoli sotto le varie dominazioni susseguitesi.

Camminiamo sull’ex fossato che costeggia i muri. Dopo la porta d’accesso incontriamo Francesca. Una mite ragazza che espone i suoi lavori di decoupage su antiche tegole di coccio e sul vetro. Nonostante la sua dolcezza è una fiera combattente per i diritti dei disabili e va sostenuta per il suo impegno.

Nino, sulla scala di pietra nella corte, ci illustra lo stemma a scudo quadripartito che riassume le casate una volta abitanti di quelle stanze, tra cui La Rochefocauld (cognome notissimo ai cultori di citazioni illustri) Pignatelli, Sestili.

Corre Nino nell’esporre, perché – ci ricorda spesso – verso le 11 si dovrà celebrare un matrimonio proprio in quella corte e noi siamo di troppo. Un matrimonio? Però, che bell’ambientazione.

Nino ci racconta delle civiltà preistoriche di Bisaccia. I primi ritrovamenti possono essere datati all’Età del Ferro e si tratta di tombe terragne contenenti anche il corredo del defunto. Non si può dare altro nome a questa antichissima civiltà ofantina se non con la generica denominazione di “Cultura delle tombe a fossa” (Fossakultur), perché non si è scoperto molto altro. Una tomba si distingue dalle altre: è quella della cosiddetta Principessa, perché il corredo era di livello superiore. Si può abbastanza ragionevolmente confermare, dice Nino, che le donne della Fossakultur avessero un ruolo economico e sociale di nessuna subordinazione al genere maschile e che, anzi, costituissero una vera elite politico-economica. Me ne rallegro, mestamente però, dato che, nonostante l’avvento del Terzo Millennio, la questione di genere è tutt’altro che risolta.

Uno dei dilemmi che aleggia su Bisaccia è rappresentato dall’identificazione con Romulea, antica città citata a più riprese da Tito Livio. Tanto per mettere un punto fermo, il Corso è stato chiamato Romuleo. Poi, si vedrà.

Bisaccia era al confine tra i Bizantini di Bari e la Longobardìa Irpina. Tant’è che si vede fino a Sant’Agata di Puglia. E più oltre fino al Gargano.

Mentre Nino introduce Federico II – il quale portò lì anche Pier delle Vigne – e del suo amore per la cultura ed accenna a Torquato Tasso, che venne infastidito da uno spiritello proprio in questo Castello, arriva il violinista per la cerimonia nuziale. Comincia a provare e le note dolci di un violino solista diventano un’inaspettata colonna sonora. Rondò, musica barocca, ma anche Limelight, con la sua malinconia azzurro-polvere.

Intorno intorno, ormai i preparativi per gli sposi sono finiti ed all’improvviso ci ritroviamo confusi agli invitati. Arrivano Annamaria ed Enzo tenendosi per mano.

Non mi perdo un attimo di questa cerimonia, in questo cortile pieno di sole e di storia, pieno di colori dei fiori e dei vestiti, mentre le note del violino salgono su come un pavese di palloncini nel cielo. Tra l’altro, Annamaria ed Enzo sono miei colleghi d’ufficio, la loro storia d’amore - nata sul posto di lavoro - fu pure raccontata sulla tivvù nazionale. La mia Nikon sta per fondere.

Ma ritorniamo a Federico II, appassionato di caccia e di bei luoghi dal punto di vista naturalistico. L’Imperatore svevo ha utilizzato questo castello come repos du chasseur (riposo del cacciatore) nonché come avamposto fortificato – e non poteva non essere. È uno dei tanti castelli federiciani di cui è punteggiata larghissima parte del Sud d’Italia. La caratteristica di questi castelli era la loro disposizione a rete, nella quale ognuno ‘vedeva’ l’altro e così la comunicazione era garantita in tempi pressoché molto veloci per l’epoca.

Federico II ed il suo amore per la natura introduce un altro degli argomenti-chiave in cui è incardinata Bisaccia, la salvaguardia delle terre. Non si può non parlare del Formicoso - mezzo altipiano tra Bisaccia ed Andretta - del valore ambientale, storico (la conquista delle terre nel dopoguerra) e agricolo che questo territorio assume. È un lembo di Irpinia che ancora profuma di fieno e grano e che il vento spazzola e rigenera. Non si può rovinare questo territorio. Molto è stato scritto ed urlato a difesa di Pero Spaccone e del Formicoso, giustamente, a mio parere. Ma la migliore scelta è andare a conoscere queste zone, per innamorarsene e difenderle.

Dopo aver abbracciato e salutato gli sposi, proseguiamo sull’imponente loggiato, già declamato anche dal de Sanctis per la sua veduta sulla Daunia e del Gargano. Incontro il Sindaco e parliamo di riscatto, di opportunità socio-culturali del lavoro (che manca) e delle risorse che ci vogliono per tenere viva una comunità nelle zone interne. Mi complimento per il gran lavoro architettonico (ancora in fieri) sul Castello e poi si va tutti a vedere il torrione interno, costruito nei secoli da più architetti: ognuno vi ha lasciato la firma incisa. Questo lavoro murario a patchwork costituisce la caratteristica della torre che risulta un po’ sbilenca. Nino ci racconta che l’impeto della ricostruzione post-sisma prevedeva l’abbattimento del torrione, in una baldoria di efficientismo e iper-rigorismo cementificatorio. Meno male che ci si è fermati a riflettere, così ora ammiriamo questo parallelepipedo di pietra, unico ostacolo ad un vento impetuoso ma non feroce. Ah già, il vento. Bisaccia ed il vento. “Bisaccia-la-terra” ed il “Vento-suo-sposo” nei secoli.

Ma proseguiamo nella prossima puntata, fra una settimana.

Bisaccia. Prima parte
Bisaccia. Prima parte
Bisaccia. Prima parte
Tag(s) : #reportage in Irpinia, #Bisaccia
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: