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Caposele

Ho visitato Caposele il giorno di Carnevale. Ero in ferie e così ho preso la mia topina blu ed ho imboccato l’Ofantina. Ribadisco che l’Ofantina è una grande strada. Ogni tratto è un gradiente assiale, una sorta di scala cromatica che sale e scende in nuances, emozioni, ricordi o paesaggi.

Per esempio, appena passo Lioni cambia anche il sapore dell’aria: sa di grano. Sembra casa.

Arrivo sotto Materdomini e costeggio il Santuario di San Gerardo Maiella (un “fanatico della volontà di Dio”, leggo sul sito istituzionale del Santuario). Un santo dalla storia incredibilmente piena di vessazioni e sofferenze, narrata nello Spettacolo dell’Acqua sulla Diga di Monteverde. Incredibile – seppur diversa per episodi e fantasia - al pari della biografia di San Francesco di Paola (il Santo cui è dedicata la Basilica nella Piazza del Plebiscito a Napoli), altro Santo meridionale molto amato.

Caposele è la porta nord del Parco dei Picentini, il cui avamposto è quel massiccio che si vede a destra scendendo dalla Lioni-Contursi. All’orizzonte si distinguono nettamente le isoispe della neve. Le nuvole appaiono come strati di ovatta grigia. Al bivio per Contursi non individuo più le caratteristiche irpine: si sovrappongono Puglia, Lucania e Cilento.

Entro in paese dalla parte del torrente che scorre nel centro abitato. Caposele è “l’origine delle acque”. I fontanili qui non hanno rubinetti. Oggi sono ingorda di aria pulita.

Il paese è un saliscendi di vie. Ha un centro curato, ma attorno è un po’ disordinato urbanisticamente: difetti tipici della ricostruzione. Non emerge il modernismo di Conza, tantomeno il recupero del ricordo.

Mentre gironzolo vestita come Totò e Peppino a Milano (pensavo facesse troppo freddo), sorrido al passaggio di un “trerrote” condotto e stipato da tre donne anzianotte. Bellissime.

Le persone che incrocio mi guardano un po’ corrucciate: sarà per la mia Nikon o per miei stivali rossi di gomma. Qualcuno – con modi spicci e sopraccigli aggrottate - mi chiede pure cosa sto cercando: antica diffidenza contadina?

L’aria umida di oggi rimanda un alone d’intorno che mi ricorda Senerchia ma ancor di più Monteverde. È una mezza mattina di Carnevale, ma nelle strade non c’è odore di ragù per le lasagne. Né il tappeto di coriandoli che di solito i bambini distribuiscono liberatoriamente in questo periodo nelle vie.

Chi abita qui deve averci quadricipiti e polmoni forti: salire e scendere per queste vie ripide non è riposante. Ho conosciuto solo un altro paesino più ripido di questo, Caselle, sulle Alpi Apuane, tutto attaccato ad una parete quasi scoscesa, le cui case erano collegate da un nastro continuo, zigzagante in verticale, spesso a gradini. Le auto dovevano essere parcheggiate nell’unica piazzetta ai piedi del paese.

Qui, invece, di auto ce ne sono stranamente troppe, sia parcheggiate che circolanti. Ma non sono rumorose come il traffico di città. Il paese, man mano che si allarga, diventa più silenzioso. Forse recupero qualche aspetto d’antan fotografando portali in pietra l centro storico, ma i secchietti grigi a parallelepipedo della differenziata mi riportano alla nostra epoca: punteggiano inesorabilmente le soglie delle case e per questo le foto vengono mozzate.

Incontro Generoso Notaro, un pensionato che si occupa dei pensionati e delle loro necessità. Un uomo mite e gentile che fa fede al suo nome. Grande appassionato di calcio, ha il suo “studio” pieno di coppe e trofei sportivi. L’Olimpia Caposele, che milita nel campionato regionale allievi, è nei primissimi posti in classifica. Gennaro ha uno sguardo limpido e sorridente che tradisce tanta pazienza. Per anni ha fatto il bidello-contabile, è stato emigrante a Torino ed ha lavorato come cameriere nei ristoranti attorno al Santuario. È un autodidatta sulle cose finanziarie, tributarie ed amministrative, nonché assiduo lettore del Sole24 Ore. È Generoso che mi racconta la parte sociografica di questo paese.

Caposele conta circa 3.700 abitanti e 2700 votanti reali, più o meno. Terra di emigranti verso l’Australia, la Svizzera e la Germania, per lo più. Il 40 per cento degli abitanti fa il contadino. Qui è molto sentito l’associazionismo: le insegne di Consorzi, Patronati, Associazioni varie, Sindacati, partiti politici, sono numerose. L’associazionismo aiuta a non sentirsi soli e lontani dai centri amministrativi: Avellino, ma anche Salerno, Foggia e Potenza. La Pro Loco è una delle associazioni che lavora meglio a Caposele, mi dicono. Già molto attiva prima del terremoto.

Mi spiegano che la cooperazione e la solidarietà fanno parte del DNA dei Caposelesi, una terra dalla storia “rossa”, tra i protagonisti della stagione dell’occupazione delle terre a partire dal 1945, un movimento che in Irpinia coinvolse i Comuni confinanti con la Puglia.

La gente di qui è gran lavoratrice. Tantissimi sono occupati nell’indotto del turismo religioso: il tour tipico è Montevergine, Materdomini e San Giovanni Rotondo. Il culto di San Gerardo, ovviamente – personaggio molto vicino agli umili perché umilissimo egli stesso – è molto vivo.

Per via del Santuario, specialmente nei decenni passati, Caposele era diventata anche una comunità sociale e commerciale. Il racconto delle gite a Materdomini comprende il ricordo delle grandi tovaglie stese a ricoprire tutta la collina ai piedi del Santuario per la scampagnata, o le schiere delle donne con il mantellino nero (come rondini), simbolo di un voto a San Gerardo (il quale è il Santo delle Mamme e dei Bambini), che a piedi giungevano anche da molto lontano.

C’era anche un ricco mercato di animali, nella prima domenica di settembre, quando si organizzava la fiera in occasione della Giornata del Santo. Alla fiera si andava per comprare i maialini da allevare fino alla ricorrenza di Sant’Antonio Abate (a gennaio), quando poi venivano trasformati anche in quelle soppressate da “’ngignare” il lunedì di Pasquetta. Come si può notare, le ciclicità agro-alimentari delle nostre terre sono legate indissolubilmente a ricorrenze religiose.

Mi piace molto girare per l’Irpinia, nonostante le distanze. Dietro il paesaggio ottico c’è sempre una galleria di realtà da raccontare, ricordare o celebrare, sintesi delle storie di vita che nei secoli sono state rappresentate nei nostri territori.

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Tag(s) : #reportage in Irpinia
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