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Bristow non lavora più qui

Era un po' che volevo discutere di pubblica amministrazione. O meglio dell'amministrazione della pubblica amministrazione. Non è un gioco di parole: si tratta dell'organizzazione interna degli uffici della pubblica amministrazione, compresa la cosiddetta politica delle retribuzioni. Lo spunto mi è stato fornito da Innocenzo Cipolletta, da un po' di tempo anche editorialista su L'Espresso.

Per esperienza famigliare, nonché per pregressi interessi ed impegni nel settore, so di avere qualcosa da poter dire in merito a quello che da anni viene additato come il settore-monstre, quello che porterebbe a fondo lo Stato: la pubblica amministrazione e i pubblici dipendenti. Da un po' di anni, grazie a Brunetta (ma non solo a lui), c'è un tiro al bersaglio incessante contro i pubblici dipendenti, anche se Brunetta, nelle sue invettive (non ho mai capito perché), aveva in mente solo una tipologia: gli statali, e/o i ministeriali, che poi, tra l'altro, non sono esattamente la stessa cosa. Anyway. (Vi ricordate che Brunetta introdusse le decurtazioni per la malattia dei dipendenti delle funzioni centrali e solo per questi? Nessun governo successivo ha pensato di rimuovere un'ingiustizia che ha dell'incostituzionale. Della serie 'cornuti-e-mazziati', non solo malati ma anche economicamente sanzionati.)

Pubblico impiego, amministrazione pubblica, servizio pubblico sono tutte coniugazioni di un unico grande paradigma: il rapporto con il cittadino-utente-paziente-soggetto fiscale-amministrato-elettore-fruitore-e così via, attraverso scuola, sanità, enti locali, enti governativi, non economici, economici, agenzie, ma anche società, partecipate, controllate. La lista è utile ad evitare che il metro di giudizio sia tarato sull'iconografia classica del dipendente statale (in estinzione) o sull'impiegato comunale (a volte unico dipendente!) del piccolo paese di un'area interna, il quale sopravvive grazie al contesto, non certo per il suo lauto stipendio. Cipolletta (anche lui una volta boiardo di Stato), in una sintetica ed efficace analisi (L'Espresso n. 7) -- dalla quale scorpora subito il servizio sanitario per la sua specificità -- esordisce con i dati dell'alto costo dei dirigenti nella P.A., davvero esagerati se confrontati con i guadagni medi annuali dei dipendenti, i soldati semplici, pagati davvero troppo poco. Un dirigente medio costa il triplo di un impiegato, poi ci sono i papaveri che guadagnano molto di più.

Per la stragrande maggioranza dei dirigenti della P.A. -- aggiungo io -- non vige il divieto di cumulo di incarichi (Mastrapasqua è il più famoso, ma sono migliaia gli incarichi multipli), mentre per il dipendente è pressoché tassativa l'esclusività di prestazione/incarico (sono fatte salve le attività di ingegno, letterarie e giornalistiche. E ci mancava pure che venisse impedito l'uso delle capacità cognitive e creative!). Secondo Cipolletta, "nessuno si assume la responsabilità di attribuire remunerazioni sulla base dei risultati", e confermando la sperequazione retributiva tra dirigenti e impiegati, afferma che "l'aver fissato un tetto alle retribuzioni dei dirigenti, invece di servire a contenere le retribuzioni, finisce per far addensare verso tale tetto tutte le posizioni apicali, senza più alcuna distinzione e senza nessuna capacità di responsabilizzazione." Finisce che a parità di (alta) remunerazione la differenza la faccia solo la 'coscienza' del dirigente, cioè. Amen.

Cipolletta, pur abbozzando dei distinguo tra i vari comparti, conclude puntando il dito contro l'impossibilità di misurare e premiare il reale merito. A quanto riportato, vorrei aggiungere dell'altro, frutto delle mie esperienze. Quello che Cipolletta non puntualizza è che anche per i dipendenti -- quelli che guadagnano un terzo dei dirigenti, quelli che praticamente lavorano per il raggiungimento di quegli obiettivi (non sempre chiari, non sempre indicati) per i quali sarebbero così ben remunerati i capi -- vale il criterio 'coscienza' più che il criterio misurabile dell'impegno o della produttività, anche perché ci sono moltissime attività non quantificabili in termini di mera produzione di carte/documenti: si pensi alle attività sociali, alle attività di sportello consulenziale per gli utenti, ma non solo.

Sono i dipendenti -- e non i dirigenti -- i veri terminali della P.A. verso gli utenti; sono i soldati semplici della pubblica amministrazione che conoscono le procedure e spessissimo sanno anche dove intervenire per snellire, migliorare e sburocratizzare, mentre da anni si aspetta che dall'alto ci vengano calate le famose riforme (impegno per il quale Renzi ha preteso il posto di Letta, tanto per dirne una) anche in ambito della P.A. Sono spessissimo i soldati semplici che adottano migliorie e piccole innovazioni per accelerare iter, trasmissioni e controllo. Sono i soldati semplici che hanno la pazienza di gestire quotidianamente un'utenza sempre più arrabbiata in questo clima di disperazione, cupezza, incertezza. Il fondamentale lavoro quotidiano dei soldati semplici non viene riconosciuto, come non viene riconosciuto lo stress dei docenti o il burn-out degli operatori nella sanità (si pensi al sovraccarico dei nostri ospedali, di cui ci siamo occupati anche da queste colonne). I contratti del pubblico impiego (in particolare quelli non dirigenziali) sono bloccati da anni, ancor prima della spending review. Il potere d'acquisto è azzerato e le remunerazioni valgono oggi quanto nel 1995. Per tale mancanza di una politica delle retribuzioni, che distribuisca per merito (secondo Cipolletta), ovvero per giustizia (secondo me), lo stesso Cipolletta ammette che "tutti si fermano". Mi dite voi chi vuole più muovere un dito per un lavoro non retribuito equamente, non stimato, stigmatizzato da anni sui media, oscurato dalle fasce dirigenziali titolari di una responsabilità gestionale ed organizzativa (nella maggioranza dei casi) ignota e invisibile, eufemismi per non dire inutile?

Si fa quel che si può, anche perché nessuno tiene in conto quella che in sociologia delle organizzazioni viene definita 'giustizia distributiva'. Per non farla lunga, dico che in presenza di grossa sperequazione nei compensi, il sistema livella verso il basso le prestazioni, in quanto ciascuno dei soldati semplici, specialmente quelli in prima linea, accusando un dislivello tra l'impegno (anche quello residuale, di coscienza) e la paga (da nuovi poveri) smette di responsabilizzarsi e lo fa anche per protesta (visto che gli scioperi costano e le politiche sindacali sono state neutralizzate da tempo), mentre i dirigenti -- garantiti nella loro remunerazione piuttosto alta -- si accomodano con tranquillità, confinando al solo ruolo autoritativo gli aspetti più fenomenici e pittoreschi: l'urlo, l'imperio, la spocchia, la minaccia fine a se stessa. Ciò produce spesso attriti sui luoghi di lavoro, con grosse ricadute nei confronti del servizio reso alla cittadinanza.

Per anni ho insegnato (anche in giro per l'Italia) strategie di evitamento dei conflitti sui luoghi di lavoro, imparando -- a mia volta -- dalle esperienze dei corsisti quanto sia totalmente sbagliata, ingiusta e costosa (anche in termini di risorse umane e sanità mentale) l'organizzazione della nostra P.A., in cui il sistema di avanzamento dei dirigenti è la prova provata del Principio di Peter Modificato: ogni dirigente raggiunge il suo livello d'incompetenza e lo scavalca. Succede (per fortuna non spesso, nonostante i servizi de Le Iene e di Striscia) che le sperequazioni, l'ingiustizia distributiva e l'incompetenza massima dei capi porti all'instaurazione di pratiche corruttive o 'di confine' tra i dipendenti, laddove -- oltre alla disistima generale da parte dell'opinione pubblica -- venga a mancare il controllo dirigenziale intelligente basato sul sostegno sussidiario verso gli operatori pubblici (visto che la politica li ha massacrati). Ne ho fatto cenno perché è opinione comune che la corruzione sia diffusa dal basso, mentre la corruzione letale è quella delle alte sfere, il cui molto più alto tasso di ricorrenza è uno dei deterrenti per gli investimenti esteri in Italia. Altro che pratiche corruttive o suscettibili di corruzione degli impiegati di cui blatera il Piano Nazionale Anticorruzione!

Il vero danno al Paese -- oltre alla corruzione dei potenti (è di ieri la notizia dell'arresto di un ex capogruppo alla Regione Campania, per aver ottenuto rimborsi impropri per centomila euro) -- è l'evasione fiscale (argomento trattato nell'ultimo libro di Stefano Livadiotti), la cui lotta, come ci dice il giornalista famoso per le lotte anti-caste, è solo un proclama di facciata.

La pubblica amministrazione è l'ossatura di un Paese. Va riorganizzata e resa più giusta per tutti, a cominciare da chi lavora al suo interno.

Bristow è il personaggio di una famosissima striscia inglese. E' un impiegato scansafatiche.

Bristow è il personaggio di una famosissima striscia inglese. E' un impiegato scansafatiche.

Tag(s) : #pubblica amministrazione
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