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Schwa, mon amour

Probabilmente, noi abitanti della Campania manco ce ne accorgiamo più di tanto, ma il nostro sistema vocalico dialettale (o anche semplicemente di pronuncia corrente) comprende sei vocali, non cinque.

Come pronunciate (o scrivete), per esempio, la versione dialettale di ‘tuo padre’, ovverosia ‘pàtete’? Così: pàt’t’ ? Graficamente, in italiano (o in latino) non c’è un segno per questa importantissima sesta vocale, più usata di ogni altra, nel nostro dialetto: lo schwa. Il nome deriva dall’alfabeto ebraico ed indica un suono (non una vocale vera e propria) indefinito tra la /a/ e la /e/, o addirittura una sorta di piccolo stop tra le sillabe. Si scrive, di solito, così ‘ ə ‘, oppure anche con la più comune ‘ë’, come in albanese ed in arbëreshë (la lingua di Greci, il paesino di mia madre). Nessun altro dialetto italico ne fa un uso così massiccio, come il napoletano. Man mano che ci si sposta verso est, in Irpinia la schwa può trasformarsi in ‘ i ‘ o ‘e’ (se interconsonantica) ovvero in ‘o’ ed ‘a’ (dipende dal genere) se a fine parola. Infatti, di pàtətə abbiamo anche le versioni ‘pàtito’ e ‘pàrito’, di ‘màmmətə’, abbiamo ‘màmmita’ o ‘màmmeta’. Gli esempi sono innumerevoli.

Prendete il celeberrimo verso del poeta condomino del Professor Bellavista.

“ ‘A libbərtà… purə ‘o pappəvəllə, l’addə pruvà!”

Ci sono più schwa che ‘a’.

La linguistica è una materia stupenda. Un orecchio attento, sa riconoscere le varianze dialettali della nostra terra attraverso il fluttuare dello schwa nelle parole.

Come si può immediatamente intuire, non solo non è una vocale dal suono definito ma non può assolutamente stare da sola: ha necessariamente bisogno di una consonante che la protegga, che ne agevoli la sopravvivenza. Lo schwa sembra un cucciolo, una mascotte e un jolly. Amo, dunque, lo schwa.

Tag(s) : #La Cugina di Parascandolo
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