Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

Vestire a modo mio

Ormai, da tempo ho chiuso con la visione dei talk show. Se prima ero un'assidua di "Annozero", ora "Servizio Pubblico" mi annoia. "Ballarò" lo guardavo per via di Crozza. Adesso mi fermo per circa 15 minuti su "diMartedì", per lo stesso motivo. Lo show di Crozza del venerdì sera me lo guardo su YouTube mentre stiro. Ammetto di non aver mai visto "PiazzaPulita", "Matrix" o "L'Infedele".

Non è snobismo, ma noia. Perché è tutto uguale: le facce degli ospiti, le loro parole, replicate ad libitum sui quotidiani (specie on line) nazionali nei giorni appresso. Se uno cerca l'ultimo scazzo, lo trova su "Dagospia" e ammèn, come diciamo nello Schleswig-Holstein. I talk sono in crisi. Recupera prepotentemente la fiction e qualche reality formato-gara ("X-Factor" su tutti). Manco i tiggì vedo più. Le notizie si leggono sul web. I social esplicano benissimo la funzione di selezione per rilevanza: minimo ingombro, massimo rendimento.

Ma allora che te ne fai della tivvù? Appunto. Non mi serve. Se non fosse per mio figlio che gioca con la playstation e quella mezzoretta a pranzo o a cena in cui -- attraverso il satellitare -- mi godo la mia serie preferita "The Big Bang Theory". Sono sempre le stesse puntate, a ripetizione, perché Sky evidentemente non ha i diritti per le nuove serie (siamo arrivati all'ottava negli USA ed è la serie più vista). Eppure, anche se per l'ennesima volta, non mi stanco di ammirare quel gruppuscolo di nerd californiani alle prese con gli aspetti 'normali' della vita. (Per la cronaca, le nuove serie sono su PremiumJoi, ma io non ho Premium e mi devo accontentare.)

Al di là delle peculiarità caratteriali, sono affascinata dalla descrizione di un mondo (la California, l'università sulle sponde del Pacifico centro-settentrionale, la tecnologia quotidiana) in cui sembra dominare l'assoluta libertà di pensiero e di … abbigliamento. L'abbigliamento dei quattro nerd è codificato: t-shirt improbabili e colorate, jeans o cargo, parka e/o felpone.

Talvolta la loro libertà di abbigliamento è più che casual. Spesso rasenta la pacchianeria (diremmo sempre noi, qui nello Schleswig etc etc), ma ciò che invidio loro è la possibilità di andare vestiti così anche al lavoro. E loro lavorano tutti in un'università, il CalTech, per l'esattezza. Rosico maledettamente perché anche io starei sempre in t-shirt/tuta/jeans/sneakers/felpe (li si chiamano hoodie). Invece, per via del lavoro che faccio, devo vestire il mio ruolo, più che la mia persona.

Uffa.

Se non metto il filo di perle poco ci manca. Perché? Perché -- mi domando, talvolta disperata -- non posso mettere jeans&converse? Perché, eh? Il lavoro deve piacere anche perché non deve essere una costrizione, invece noi italiani (soprattutto) ci aggiungiamo la costrizione dell'abito. Ci sono luoghi istituzionali che fanno della forma anche la loro sostanza di autorevolezza, e ci sto. Ma non riesco ad accettare cosa possa mancarmi in autorevolezza e/o competenza se metto delle scarpe da tennis invece che decollete con tacchi.

Siamo tarati male. Lasciando -- giustamente -- a parte i luoghi istituzionali massimi (ambasciate, parlamenti, case presidenziali e Accademia delle Scienze di Stoccolma), mi ri-sorprendo a leggere di un esperimento svolto nell'Università dell'Illinois. In poche parole, il Prof. Galinsky ha scoperto che l'abito fa il monaco. Non solo indossare una sorta di divisa (un camice da medico, per esempio) da sicurezza all'interlocutore, ma anche a chi lo indossa. Vestiamo la nostra consapevolezza, in altre parole. Si tratta di una questione di proiezioni vicendevoli. Il ruolo che vestiamo può modificare la funzione che svolgiamo. Se ci vestiamo da dirigenti, ci vediamo e ci vedono come tali.

Uffa.

Mio padre diceva sempre "Mangia e bevi a gusto tuo. Calza e vesti con il gusto degli altri." Significa che la stravaganza è guardata maluccio e che si possono inviare molti messaggi anche solo con l'abbigliamento. Il discorso sulla sociologia dell'abbigliamento è lungo ed interessantissimo. Tantissime cose si possono indovinare dal modo di abbigliarsi delle persone. Uno dei miei giochi preferiti e sedermi sulle panchine di un lungomare e osservare le persone. Mi piace di più che guardare le fiction o i talk.

Vorrei concludere questa puntata settimanale con un'informazione (che magari commenterò in un altro articolo) ed una riflessione. L'informazione è che nella moda sta emergendo il cosiddetto stile normal, identificato da abiti e atteggiamenti normali, ovvero fuori da ogni stravaganza. Evvài con il maglioncino grigio polvere, i pantaloni né larghi né stretti, i mocassini minimal. Insomma, sarebbe un contentino alla comodità. Ma a me non basta. Io mi ritrovo in altri abiti che non nel normcore (il nuovo standard).

La riflessione è, invece, questa: sono del parere che una personalità cognitivamente affascinante sia capace di dare un'impronta ed un significato agli abiti che porta. Per questo i quattro nerdoni di "The Big Bang Theory" possono vestirsi come vogliono. Ne deduco, che, evidentemente, non la sottoscritta è abbastanza cognitivamente affascinante per dare un'impronta agli abiti che indossa.

Mi sa che è arrivato il momento di indossare quel filo di perle.

Ari-uffa.

Vestire a modo mio
Vestire a modo mio
Vestire a modo mio
Tag(s) : #La Cugina di Parascandolo, #The Big Bang Theory
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: