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Tuttapposto?

È mercoledì e riapriamo la scatola degli spaghi troppo corti.

Oggi parliamo di cambi antropologico-culturali. Niente di trascendentale, in ogni caso.

Domandina: si scrive ‘a posto’ o ‘apposto’?

Non fate i sufficienti. La stessa domanda se l’è posta Stefano Bartezzaghi, figlio del più celebre Piero, autore di quelle lenzuolate di cruciverba stra-difficili che apparivano su «La settimana enigmistica» e che mi mandavano in sollucchero. Stefano ha anche un fratello, Alessandro, che ha seguito le orme del padre.

Orbene, Bartezzaghi (Stefano) ha scritto nella sua simpatica rubrica settimanale su «L’Espresso» una dotta disquisizione (in forma personale e simpatica) sull’utilizzo di ‘a posto’, ma pronunciato e talvolta scritto ‘apposto’. Fin qui, l’analisi lessicale di Bartezzaghi.

Vorrei aggiungere qualche notazione comportamentale.

“Tutt’apposto?” ci domanda l’amico incrociandolo per strada.

“Tutt’apposto!” rispondiamo sorridendo e correndo via, temendo una sosta per rispondere ad altre domande. Il ‘tuttapposto’ comprende tutti: genitori, figli, fratelli, partner, animali domestici, lavoro. Sia per quanto riguarda l’interlocuzione che la risposta.

Se poi non vogliamo dare troppa confidenza, rispondiamo con un “Si, grazie!” E agitando la mano in segno di saluto, schizziamo via.

Sono le nuovissime forme di convenevoli. Hanno sostituito il “Come stai?” d’un tempo e il “Come va?” dell’altroieri.

Sono altresì forme di alleggerimento verbale e relazionale e nel contempo alleggeriscono anche l’anima dagli obblighi delle convenzioni sociali. Della serie “il-dovere-di-domandarti-qualcosa-di-te-l’ho-sbrigato-ed-in-verità-manco-mi-frega-di-conoscere-esattamente-la-tua-situazione-dalla-tua-viva-voce-cià”.

(Noterete che il ‘cià’ (contrazione di ‘ciao’) è compreso nel “Tuttapposto!” di risposta.)

Perché tutto ciò? Aridità dilagante? Menefreghismo? Assolutamente no. È che sappiamo dei nostri amici più di quanto essi non ci rivelino con generico un ‘tuttapposto ‘ di risposta, ovvero pur con un breve resoconto verbale, delle condizioni generali di se stessi e della loro famiglia. Grazie ai social. E neanche attraverso gli status diretti, tipo “ho mal di testa”, bensì attraverso i link a frasi ed aforismi.

Una cosa del tipo “L'indipendenza che è la mia forza, implica la solitudine che è la mia debolezza” (che è una celebre frase di Pier Paolo Pasolini) trovata sulla bacheca racconta di pene d’amor perduto. E questa è una notiziona!

Morale? Niente di più facile che un paio di google-glass (di cui saremo tutti dotati in un futuro prossimo, sempre dopo essere stati possessori di un apple-watch), riconoscerà per noi i volti per strada e invierà automaticamente un messaggio di saluto: “Tuttapposto?”, giusto per mantenere le convenzioni.

La cui risposta – automatica – sarà un sintetico estratto della bacheca social, come a dire “Per caso ti fosse sfuggito, su fèisbuk c’è tutto. Cià”

Cià.

Tag(s) : #La Cugina di Parascandolo, #social, #saluti
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